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Gnocchi a la mulinèra, Lambrusco Viadanese e salame mantovano

Tra i pilastri della tradizione mantovana

01 Febbraio 2022

Gnocchi a la mulinèra

Fra le nebbie del fiume Po hanno preso vita svariati racconti che ancor oggi qualcuno si diverte a raccontare con un pizzico nostalgia, ma il modo migliore per raccontarli secondo noi, è attraverso i piatti tipici (non è un caso che i turisti cerchino sempre le specialità locali): i loro ingredienti hanno la capacità di rivelare il passato di una terra ricca di storie e di coloro che l’hanno vissuta. 

Sul fiume Po a Casalmaggiore (CR) erano presenti diversi mulini per la macinatura dei cereali. Uno di questi mulini era gestito dalla famiglia di Teresa che gestiva un’osteria e ai commensali proponeva spesso un piatto che il padre cucinava per la propria famiglia, oggi questa tradizione è portata avanti dalle tre figlie di Teresa, le sorelle Fornasari. 

L’impasto

In quegli anni utilizzare le patate per fare gli gnocchi era assolutamente fuori discussione (si trattava di un autentico lusso, alle volte il prezioso tubero veniva usato assieme al condimento degli gnocchi), venivano quindi utilizzati pochi e semplici ingredienti: farina e acqua! Nascono così i gnocchi a la mulinèra.

Per creare i gnocchi utilizziamo la farina di grano tenero impastata con acqua portata ad ebollizione: per impastare utilizziamo una forchetta (così da non scottarci le mani) e formiamo un composto consistente ed elastico; l’impasto ottenuto andrà diviso in rotolini lunghi e spessi, che successivamente andremo a tagliare a loro volta in piccoli pezzetti di 3-4 cm (al max) di lunghezza.

La forma

La caratteristica principale sta nella loro particolare forma a barchetta arrotolata: per realizzarla prendiamo i nostri pezzettini d’impasto e con le dita andiamo a schiacciarli delicatamente sul nostro asse, strisciandoli con molta accuratezza creeremo la tipica barchetta.

La cottura 

Ottenute le nostre barchette, è ora di preparare il nostro delizioso piatto! Andremo a dargli una veloce sbollentata in acqua poco salata e, una volta scolati, li uniremo al tradizionale condimento preparato unendo la patata lessa schiacciata alla passata di pomodoro, con l’aggiunta dei buonissimi fagioli borlotti.
La loro forma particolare permette di catturare il sugo, rendendoli così gustosi e saporiti.

Curiosità

CASALMAGGIORE - Un piatto povero come gli «Gnoc a la mulinèra», tipico di Fossacaprara, riportato alla luce e rilanciato dall’associazione OltreFossa con la sua «Sagra di Fossa», diventa un volano per richiamare attenzione turistica e culturale su Fossacaprara e i suoi giochi della tradizione. Accade tutto grazie all’inserimento della pietanza, realizzata con farina di grano tenero e acqua bollente, nella nuova sezione «Gioco e Cibo» del Geoportale della Cultura Alimentare, nato dal ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo per la necessità di dare concretezza alle ragioni che hanno consentito il 16 novembre 2010 a Nairobi la proclamazione della Dieta Mediterranea a «Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità». E Fossacaprara è una delle cinque comunità ludiche che possono fregiarsi di questa «medaglia». «L’inserimento dei nostri gnocchi nel Geoportale — spiega Damiano Chiarini di OltreFossa — è supportato da un lavoro di ricerca realizzato da Marco Mantovani per la sua tesi di laurea in Scienze Gastronomiche dal titolo Dalla storia ad una sagra: la convivialità in un piatto di gnocchi. Sulla base di fonti storiche, letterarie e orali, Mantovani ha sviscerato il tema partendo dagli gnocchi di Fossacaprara nella storia, con riferimenti a ricettari antichi per passare alla informazioni attinte dalla memoria degli anziani e delle anziane della frazione casalese. Non manca una digressione tecnico-scientifica su composizione e utilizzi del frumento e dei suoi derivati, il cui scopo è esporre le ragioni chimiche che permettono di ottenere degli gnocchi dalla miscela di sole acqua e farina bianca di grano tenero».

Il Vitigno Lambrusco Viadanese

Informazioni generali sul vitigno

Il vitigno è registrato ufficialmente nel Catalogo nazionale varietà di vite dal 1970.

  • Tipologia del suolo: Pianura alluvionale, suoli profondi ricchi di limo, argilla e sabbia, mediamente calcarei.
  • Numero ceppi ettaro: 3900
  • Epoca di vendemmia Seconda decade di Settembre
  • Resa media per ettaro: 90-100 q/ha

 

La zona del Viadanese in provincia di Mantova, custodisce un piccolo gioiello dell’enologia lombarda: il vitigno Lambrusco Viadanese, con cui si produce il delizioso Lambrusco Mantovano Viadanese Sabbionetano DOP. Queste uve erano anche dette anche “uzeline” o “oseline” per il fatto che crescendo spontaneamente al limitare dei boschi venivano depredate dagli uccelli che ne erano ghiotti.

Origini

Il vitigno Lambrusco Viadanese è conosciuto anche con il nome di Groppello Ruperti, in onore dell’ampelografo Ruperti, il quale per primo studiò e censì a fine 1800 la varietà e che lo decretò miglior vitigno della provincia mantovana. 

Fa parte della  famiglia dei Lambruschi, originari  dalla “Labrusca Vitis”, una serie di viti selvatiche di cui ci parlano già Plinio e Catone ma che erano coltivate millenni prima di Cristo dai Celti nella Pianura Padana. Già i monaci Benedettini di Leno (BS) attorno all'anno 1000 hanno sviluppato la coltivazione delle viti da vino nella zona del Viadanese.

Il Lambrusco Viadanese un tempo era un vino rustico e veniva usato per le zuppe o la colazione dei contadini, ma oggi ha perso la sua grossolanità e le vinificazioni sono sempre più precise e puntuali.

Caratteristiche organolettiche

Il Lambrusco Viadanese ha personalità solare, le sue uve maturano tardi per questo è tra i Lambruschi più tardivi ed ha una certa pienezza. La pianta ha alcune particolari caratteristiche:

  • Foglia pentagonale a tre lobi (raramente a cinque); 
  • Grappolo di dimensioni medie quando matura; 
  • gli acini sono medi e di forma irregolare per la pressione dovuta alla compattezza eccessiva del grappolo.
  •  La  buccia è spessa e di colore blu-nero. 

La raccolta delle uve viene effettuata a mano in cassette: i grappoli vengono diraspati e\o pigiati, poi posti all’interno di vinificatori dove subiscono una macerazione di circa 5 giorni con controllo della temperatura. Una leggera pressatura divide le vinacce dal primo vino che rimarrà in botte fino alla fine dell'inverno. Seguono  2-3 travasi per poi essere imbottigliato per la presa di spuma in bottiglia.

Il vino è di color rubino ed accompagnato da una spuma violacea, al palato è terso e dinamico grazie ad un’effervescenza squillante. Gradi alcolici min. 11%, da servire a 14°C.

Abbinamenti

Perfetto vicino a formaggi stagionati, agnoli, tortelli di zucca, arrosti, stracotti e tutti i piatti della tradizione mantovana come il cotechino, il salame contadino e il pesce fritto di acqua dolce.

Salame mantovano

Fin da giovane Luigi Pezzi seguiva i norcini "esperti" che di casa in casa esercitavano questa antica arte, con tanta passione ora è il faro in questa lavorazione norcina e chi vuole imparare si rivolge a lui, il suo obiettivo attuale è tramandare quest’arte.

Il salame mantovano si produce utilizzando esclusivamente spalle fresche di prima scelta di suini nostrani, le spalle vengono disossate e rifilate, poi legate, salate, conciate e lasciate riposare per 15 giorni circa in cella. In questo tempo vengono massaggiate a mano parecchie volte, in seguito le spalle vengono asciugate per eliminare il sale residuo e rifatta la legatura.

Dopo essere state insaccate nelle vesciche e legate a mano, si passa alla fase di asciugatura che dura circa una settimana.

Infine si stagionano per 10 - 12 mesi. 

La lavorazione può essere seguita solo in maniera artigianale, data la sua difficile standardizzazione: le aziende 'industriali' hanno abbandonato questo salume di antiche origine contadine a causa delle troppe lavorazioni, per il troppo tempo da dedicargli e per i troppi rischi di buona riuscita.

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